Taxi Falerna Marina
Il nucleo originario dell’abitato è arroccato a 550 metri di altitudine sulle pendici occidentali del monte Mancuso (m 1327), una delle maggiori cime del gruppo montuoso del Reventino. L’abitato è posto in posizione baricentrica rispetto alla valle del Savuto a nord, e la piana di Sant’Eufemia a sud. Separata dal nucleo originario, sorge Falerna Marina, a 8 metri s.l.m., notevole stazione turistica del Tirreno Catanzarese.
Per lungo tempo il riferimento storico su Falerna ritenuto più antico è stato una bolla del novembre 1606, ripresa da padre Francesco Russo nel Regesto Vaticano per la Calabria. Tuttavia, una ricerca dello storico Armido Cario ha svelato un errore di attribuzione: l’atto, infatti, riguarderebbe Feroleto Antico e non Falerna. Ragion per cui, il primo riferimento storico risulta un incartamento per il concorso pretale del 1616[3]. Il centro abitato di Falerna nacque, quindi, nei primi anni del Seicento, e si popolò di nuove genti a seguito del rovinoso terremoto del 1638, che colpì il Lametino e la Valle del Savuto.
Nei feudi dei d’Aquino i paesi si trovarono al centro del disastro e i danni furono ingenti. Castiglione Marittimo, l’antico feudo della famiglia, contò 101 morti e complessivamente, nello Stato feudale, i morti furono oltre 4.000.
Il terremoto colpì in una fase delicata per la famiglia d’Aquino, quando i feudatari cercavano di arrestare l’esodo della popolazione per disporre di maggiore forza lavoro da utilizzare nello sfruttamento delle campagne, al fine di acquisire ulteriori ricchezze e consolidare il prestigio all’interno della nobiltà calabrese.
L’opera di ricostruzione fu, pertanto, indispensabile, e sotto il dominio di Giovanna Battista d’Aquino, quarta principessa di Castiglione, gli sforzi per combattere la tendenza allo spopolamento portarono al centro dell’attenzione il nuovo centro abitato di Falerna.
Il villaggio si sviluppò alle falde del Monte Mancuso, in posizione ancora più elevata rispetto a Castiglione, su un territorio dove i feudatari raccolsero pastori e agricoltori provenienti dai paesi vicini, promuovendo così la trasformazione dei “pagliai” in case in muratura. Il centro crebbe rapidamente e raccolse tutti i contadini sparsi nei piani di Stia, Carito, Canne e Polpicello. Nella “numerazione dei fuochi” delle province meridionali, Falerna compare per la prima volta nel 1648 con 32 fuochi; lo stesso anno Castiglione registrava 213 fuochi. Nei Registri per il “Relevio” (tassa dovuta dal feudatario all’atto della prima investitura o nella successione feudale in cui avveniva il trapasso dal primo investito) Falerna figura per la prima volta nel 1636, feudatario Cornelia d’Aquino, assieme a Conflenti, Castiglione, Serrastretta, Martirano, Motta Santa Lucia, Nicastro, Zangarona. I nuclei familiari di Falerna passarono da 32 nel 1648 a 57 nel 1669, fino ad arrivare a mille abitanti sul finire del Seicento, ivi compresi quelli di Castiglione.I d’Aquino, trasferitisi prima a Nicastro e poi a Napoli, lasciarono la conduzione dei feudi a diversi procuratori, e nel corso del Settecento Castiglione decadde, cedendo la guida del territorio a Falerna, che nel 1783 arrivò a contare circa 800 abitanti, contro i 366 di Castiglione.Nel 1799 muore l’ultima feudataria, Vincenzina D’Aquino Pico. Nel 1806 gli occupanti francesi aboliscono la feudalità, attraverso le cosiddette Leggi eversive della feudalità. Nel 1807, con legge del 19 gennaio, Falerna veniva riconosciuto come luogo, ossia Università, nel governo di Martirano. Col successivo riordino, disposto con decreto del 4 maggio 1811, Falerna venne riunito a Castiglione Marittimo, dando vita al comune: Castiglione mantenne il capoluogo per il primo quinquennio, in virtù del suo passato. Nel 1816, con il decreto reale del 1º maggio, n. 360, emanato da Ferdinando I delle Due Sicilie e con il conseguente riordino amministrativo, Falerna fu elevato a capoluogo, in ragione del ridotto peso demografico di Castiglione.
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